mercoledì 16 settembre 2009

Red carpet sui cadaveri


Mosca tzé tzé

da Antefatto.it


Il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia mai avuto negli ultimi 150 anni va ripetendo in giro che la consegna di 47 chalet a 200 dei trentamila sfollati per il terremoto d’Abruzzo dopo appena 162 giorni rappresenta “il cantiere più grande del mondo”, nonché l’opera di ricostruzione più rapida e imponente della storia dell’umanità. Anche meglio della muraglia cinese e della piramide di Cheope. Non parliamo poi della bonifica delle paludi pontine e della battaglia del grano, che gli fanno un baffo. A tenergli bordone c’è l’eccellentissimo Guido Bertolaso, il gran ciambellano della Protezione civile nonché “uomo della Provvidenza” che tutto il mondo ci invidia perché senza di lui non sapremmo proprio come fare: anche lui si loda e si imbroda a proposito della ricostruzione più rapida e imponente eccetera. La stampa al seguito registra e rilancia.

Peccato che non sia più in vita Indro Montanelli, che dopo il terribile sisma del 1980 in Campania e Basilicata, raccolse tra i lettori del suo Giornale (quello vero, non la tetra parodia oggi in edicola) un bel po’ di quattrini e consegnò ai terremotati di Castelnuovo di Conza un intero villaggio di nuove case, il “Villaggio Il Giornale”, inaugurato insieme all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini 170 giorni dopo il sisma. Cioè soli 8 giorni dopo l’attuale ricostruzione più imponente e più rapida eccetera. Ma ci fu anche chi arrivò molto prima: lo staff di Giuseppe Zamberletti, democristiano lombardo concreto ed efficiente, che senza essere sottosegretario a nulla, ma in veste di commissario straordinario di governo, mise a frutto l’esperienza maturata nel 1976 in Friuli e riuscì a consegnare 150 chalet (identici ai 45 inaugurati ieri dal premier, anche se a pagarli è stata la provincia autonoma di Trento, governata da Lorenzo Dellai, centrosinistra) alla popolazione di Ariano Irpino, che aveva appena pianto 300 morti, riuscendo a seppellirli solo tre settimane dopo. Quando avvenne la consegna? Qualcuno, sentita la premiata ditta B&B, nel senso di Berlusconi & Bertolaso, dirà: sicuramente non prima di 170 giorni, altrimenti gli annunci del presidente del Consiglio e del capo della Protezione civile sarebbero nient’altro che balle. E i giornali che le registrano senza batter ciglio sarebbero nient’altro che uffici stampa. Bene, tenetevi forte: Zamberletti consegnò ad Ariano i primi prefabbricati appena 60 giorni dopo il terremoto e le 150 casette con giardino dopo soli 122 giorni, dando un tetto permanente a 450 persone: la metà dei superstiti. Cioè impiegò ben 40 giorni in meno della ricostruzione più imponente e rapida eccetera, per fare il triplo del migliore presidente del Consiglio degli ultimi 150 e del capo della Protezione civile che tutto il mondo ci invidia.

Con tre lievissime differenze, fra il 1980 e oggi. Primo: il terremoto in Campania e Lucania si estese per quasi due regioni intere, fece 3 mila morti (10 volte quelli d’Abruzzo), 9 mila feriti e 300 mila sfollati. Secondo: all’epoca la Protezione civile non esisteva: i soccorsi erano coordinati dalla radio della Rai, con le telefonate in diretta degli amministratori e dei cittadini. Terzo: scalcinata fin che si vuole, l’Italia era ancora una democrazia. E anche il politico più infame avrebbe esitato un po’, prima di pavoneggiarsi a favore di telecamera su un red carpet di cadaveri

15 settembre 2009, in MARCO TRAVAGLIO

venerdì 3 luglio 2009

Primi appalti

INCHIESTA/ IL DOPO TERREMOTO
Abruzzo, l'uomo che ha avviato i lavori è legato ai prestanome di Ciancimino

L'Aquila, le amicizie pericolose
all'ombra della prima new town

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI


L'Aquila, le amicizie pericolose all'ombra della prima new town

Un depliant che illustra la new town

L'AQUILA - Nel primo cantiere aperto per ricostruire L'Aquila c'è un'impronta siciliana. L'ha lasciata un socio di soci poco rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini di alta mafia.

I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano, qui a Tagliacozzo, il "tesoro" di Vito Ciancimino.

Comincia da questa traccia e con questa ombra la "rinascita" dell'Abruzzo devastato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un caso da manuale, una vicenda di subappalti e di movimento terra, di incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è diventato da qualche giorno "materia d'indagine" - un'informativa è stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale antimafia - ma l'intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da carte e atti di pubblico accesso.

Partiamo dall'inizio. Dai fatti, dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di questo primo lavoro per il terremoto d'Abruzzo. Partiamo dalla statale 17, la strada tortuosa e alberata che dall'Aquila passa per Onna, il paese che non c'è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima delle venti "piccole città" promesse da Berlusconi agli aquilani per la fine di novembre - sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare fra i 13 mila e i 15 mila sfollati - che è stato dato il via in pompa magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima "new town". È qui che hanno alzato il primo cartello: "Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto Ts". Ed è qui che l'imprenditore Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l'amico degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito, l'ex sindaco mafioso di Palermo.

Dante Di Marco ha 70 anni, ha amicizie importanti in tutto l'Abruzzo, è residente a Carsoli che è un piccolo paese fra l'Aquila e Roma. L'appalto per rosicchiare la collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento - è là sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri antisismici - è stato aggiudicato da un'"associazione temporanea di imprese". La capogruppo era la "Prs, produzione e servizi srl" di Avezzano, la seconda ditta era la "Idio Ridolfi e figli srl" (anch'essa di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione per il G 8 dell'aeroporto di Preturo), la terza era la "Codisab" di Carsoli, la quarta era l'impresa "Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl" di Tagliacozzo e la quinta l'"Impresa Di Marco srl" con sede a Carsoli, in via Tiburtina Valeria km 70.

L'impresa Di Marco è stata costituita nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130 mila euro, l'amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore unico - Dante - risulta come socio fondatore della "Marsica Plastica srl" con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto: un socio della "Marsica Plastica srl" ha praticamente inaugurato la ricostruzione.

Quest'impresa, la "Marsica Plastica srl", è molto nota agli investigatori dell'Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c'era l'abruzzese Achille Ricci, arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo. C'era Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno dei "pizzini" del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante), che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino. C'era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del "tesoro" di Ciancimino fuori dalla Sicilia.

Il 22 settembre del 2006, nello studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata costituita anche un'altra società, l'"Ecologica Abruzzi srl". Fra i suoi soci ci sono ancora alcuni della "Marsica Plastica srl" (la moglie di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del 2009 per il riciclaggio del famigerato "tesoro" di don Vito. Erano due società, la "Marsica Plastica" e l'"Ecologica Abruzzo", che con la "Ricci e Zangari srl" - se non ci fosse stata un'inchiesta del Gico della finanza e i successivi arresti - avrebbero dovuto operare per la produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.

Ecco come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l'imprenditore che ha vinto il primo sub appalto per la ricostrizione dell'Aquila: "Ho presentato una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono entrato nel consorzio di imprese, che cosa c'è di tanto strano?". A proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: "Quella gente io nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così, per fare il mio lavoro di movimento terra". E consiglia: "Chiedete in giro chi è Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui".

Proprio con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl. Sono insieme dal 2006 - e con loro c'è pure il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti per appalti sanitari - nella "Rivalutazione Trara srl", quella ha comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno e un antico zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti. Come quello di Bazzano, l'opera prima della ricostruzione. Per il governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino, era un'occasione da non perdere.

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domenica 21 giugno 2009

L'ultimo Parlamento italiano


Le lacune e gli errori della legge per la ricostruzione in Abruzzo ci parlano di una maggioranza incapace di qualsiasi azione politica. Su l’Unità, 21 giugno 2009 (m.p.g.)

I giorni che stiamo vivendo dentro la sfortunata Repubblica Italiana, oscurata da quasi tutte le televisioni e disinformata da quasi tutti i giornali (anche se si intravedono le prime crepe nella diga che fino ad ora ha trattenuto e nascosto il liquame del regime) sono talmente vergognosi da renderci prigionieri di un dilemma: o parli solo del "casino Italia" come ha opportunamente intitolato Libero, o parli d’altro. Per esempio della folla esasperata di cittadini dell’Aquila e dell’Abruzzo che hanno sfidato la militarizzazione imposta alla città dai pasdaran della Protezione civile e sono venuti a Roma, davanti al Parlamento a dire la verità. Ovvero la loro vergogna e il loro imbarazzo per essere stati visitati e intrattenuti, a fari accesi e sotto le telecamere, da un finto capo del governo che in realtà era un abile imitatore e anzi, presumibilmente, un nemico giurato del buon governo. Quando si sono accorti del falso, dopo mesi di vita impossibile nelle tende gelate di notte, invivibili nella pioggia e roventi di sole, una specie di Guantanamo venduto per salvezza, sono venuti a Roma in cerca di verità. Non l’hanno trovata. Anche nei palazzi del potere, anche quando non ci sono feste indecorose a pagamento, non c’è il vero capo del governo, uno che accorre quando deve, promette quel che può, e mantiene subito e con rigore le promesse. C’è solo, lontano, incapace, furibondo e distratto "come uno che non sta bene" (fonte: Veronica Lario) l’attore che promette tutto e non sa mantenere niente.

Questo giornale ha dato ai lettori la cronaca di ciò che è accaduto davanti a Montecitorio, di quella folla costretta a rendersi conto della beffa subita dal governo, e dunque dallo Stato italiano, nel peggior momento della loro vita, uomini e donne, giovani e non giovani, che prima, nella loro vita, si erano dedicati alla famiglia, al lavoro, alle professioni, costretti adesso a sfilare con cartelli e striscioni come se esigessero un di più mentre denunciavano il niente. In quelle stesse ore, dentro Montecitorio, si celebrava l’altra parte della vergogna: una maggioranza parlamentare muta e succube di un governo che si occupa di trasporti per feste ma non di terremotati, e che tranquillamente promette la luna, tanto è un argomento di canzoni, non di politica. La vergogna era questa: la legge in discussione era per "Gli interventi urgenti in Abruzzo" e mancava di tutto. Mancava di soldi, di progetti, di idee, aveva saltato interi settori di attività essenziale (le scuole) e interi blocchi di cittadini, i cosiddetti proprietari di "seconde case" che non saranno ricostruite benché siano al secondo e al quarto piano dell’edificio la cui ricostruzione è teoricamente prevista. Non fissava date e non garantiva scadenze.

Tutta l’opposizione (Pd, Italia dei valori, Udc) si è impegnata, emendamento dopo emendamento, a riempire le inaccettabili omissioni, le inspiegabili incompetenze, a correggere l’ovvia e offensiva inutilità della legge. Lo spettacolo triste, durato per tre giorni, è stato il silenzio disciplinato della maggioranza di governo, uomini e donne solitamente vivi e aggressivi ridotti a una assemblea ottusa che non ascolta, non vede, non decide. Ha già deciso il governo. E così, come se questo fosse l’ultimo Parlamento, come se nessuno di questi parlamentari avesse un dopo in cui rendere conto e un elettorato che vorrà sapere, ogni emendamento dell’opposizione, per quanto utile e necessario è stato respinto, anche se diceva che non c’è più università, che è urgente ricostruire la Casa dello studente, che l’ospedale va rimesso in grado di funzionare, che dopo un simile terremoto è assurdo e impossibile distinguere fra prime e seconde case, che i soldi non bastano per cominciare, che occorrono date certe della ricostruzione, fasi realistiche, dati veri, sia per buona organizzazione sia per dare speranza.

Lo spettacolo di ciò che è accaduto dentro Montecitorio, mentre fuori una folla di cittadini normali e per bene, è costretta a gridare la sua indignazione, era anche più desolante. Una parte sorda, cieca e muta del Parlamento taceva, evitava ogni confronto, si auto-proibiva qualunque discussione, respingeva in silenzio anche le proposte ispirate a esperienza, mitezza, buon senso. Il governo dello spettacolo aveva già fatto la sua tournée all’Aquila. Sta preparando, a carico dei disperati cittadini dell’Aquila il nuovo mega-spettacolo del G8. I parlamentari del partito di governo sono stati declassati a loggione. Tacciano, ignorino, lascino lavorare chi sa fare spettacolo. L’ultimo Parlamento ha abbassato la testa in segno di umile assenso.
Per fortuna non tanti nell’opposizione pensano ancora che sia estremista dire "no". In tanti si rendono conto, finalmente, che "no" è l’unica risposta possibile.

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fonte: http://eddyburg.it/article/view/13377/

Miss Tendopoli


miss-abruzzodi Doriana Goracci

Lo saprete anche voi, ne sono certa, che c'è stato un corteo a Montecitorio di attendati abruzzesi, con cartelli molto gustosi. Ma non so quali vi hanno fatto vedere in televisione ("Berlusconi facci sognare, crepa", "via Bertolaso,la ricostruzione agli abruzzesi", "non atTENDEremo più", "Aquilani espropriati, 2 volte terremotati", "Berlusco' non te fa revedè all'Aquila", "verba volant sisma manent").





miss_tendaLo saprete anche voi che Lui ormai sorvola come a Coppito dove arriva alla caserma planando da un elicottero, anticipato dalla contestazione da parte degli operai in mobilità della Transcom e dagli sfollati che avevano manifestato a Roma.

Ma poi una donna che racconta, la si trova sempre, spesso è Luigia dall'Abruzzo, per una rete di soccorso popolare,che scrive: «...La militarizzazione è sempre più imponente, posti di blocco ovunque. Terreni prima coltivati a grano sono stati espropriati per ampliare l'aeroporto, per costruire una superstrada in funzione del G8, per costruire una trentina di case destinate ad alloggiare le delegazioni del G8 (per l'occasione Berlusconi ha stipulato commesse con i migliori mobilieri italiani: "solo mobili di pregio per gli 8 grandi!") Per questo maledetto G8 spenderanno più di 400 milioni di euro. Per i terremotati invece niente, gli tolgono caffè e alcolici per evitare che si innervosiscano e li finiscono di intontire con le messe. Ma si sa, anche gli sfollati sono fatti di carne e l'occhio vuole la sua parte, così dopo i clown, gli spettacoli folkloristici e gli strizzacervelli hanno fatto un'altra bella pensata per "allietare" la loro prigionia: il concorso di bellezza "Miss tendopoli Abruzzo".»

Tutto vero ma forse questo non lo sapete: il concorso ci sarà il 21 giugno, come riporta il Giornale:«Tra le file per il bagno e alla mensa e il caldo che fa bollire le tende nonostante i condizionatori, ci si iscrive alla gara, con l’entusiasmo delle cose nuove. “Una simpatica iniziativa - riprende Durastante -. È l'elezione della miss, con sfilata in passerella alla tendopoli di Pile, quella dove c'è ‘Globo’, è fissata per il 21 giugno”».
«E speriamo - è la conclusione - che presto potremo lasciare il posto ai parrucchieri del luogo. Ci auguriamo di ripassare loro il testimone nel più breve tempo possibile»

C'è anche un’altra Miss che scrive, è Miss Kappa: «Il terremoto, la protesta, la rabbia... L'imperatore ci ha semplicemente sorvolati in elicottero. Non lo abbiamo intercettato. Non è sceso fra la gente che voleva porgergli delle domande. Che voleva sapere dove fossero finite le sue promesse. In compenso, abbiamo dovuto subire il sarcasmo, gli sberleffi e anche gli insulti delle forze dell'ordine, rivolti col ghigno sulle labbra. "Poveri sciocchi, ma davvero pensate che passi di qui? Siete patetici". Questo il succo, edulcorato, delle parole che ci siamo sentiti dire. Ecco lo stato delle cose. Ma non ci fermeremo. Siamo soli, siamo pochi per ora,ché tanti hanno paura e sono sfiancati, ma andremo avanti. Li aspettiamo tutti al G8...»
abruzzo01
C'è anche chi li aspetta mobilitandosi contro il summit dei Ministri degli esteri del G8Trieste tra il 25 e il 27 giugno.

Molte, moltissime donne sono nate prima e durante e dopo la colonizzazione, e l'hanno raccontata. Ho iniziato da un po' ad ascoltarle, sono quelle brutte sporche e cattive e sopratutto invisibili, o meglio , poco gradevoli in Tv e ai concorsi,non vi partecipano, sia pure ad una giuria.


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fonte: www.megachip.info

martedì 16 giugno 2009

Una lettera dalla "città laboratorio"


Cara Redazione (del giornale on-line INFORMARE)

sono Pina Lauria e sono residente a L’Aquila; attualmente “abito” presso la tendopoli ITALTEL 1, perché alla mia casa, che devo ancora finire di pagare, è stata assegnata la lettera E, che in questo drammatico alfabeto significa “danni gravissimi”.
Scrivo per illustrarvi alcune considerazioni, di carattere generale e, più in particolare, relative alla qualità della vita nei campi.
Intanto, evidenzio la grande confusione che c’è nella città: a quasi due mesi dal terremoto, viviamo ancora uno stato di emergenza. Uno dei grandi nemici di questi giorni, e dei prossimi, è il caldo: arriveranno i condizionatori ma risolveranno ben poco perché, come sicuramente sapete, il condizionatore funziona in una casa, con le pareti di cemento e con le finestre chiuse, non in una tenda, dove il sole batte a picco e da dove si esce e si entra….inoltre, la tenda non è che si chiude ermeticamente!
Allora, il problema vero è questa lunga permanenza nella tendopoli alla quale saremo costretti fino ai primi di novembre. E’ assurdo ed inconcepibile che, per saltare una “fase”, come ha detto il Presidente del Consiglio, bisogna aspettare circa sette mesi per avere una casa, comunque sia. E a novembre, se le cifre rimangono quelle dette dal Governo e dalla Protezione Civile, saranno soltanto 13 mila i cittadini aquilani che potranno lasciare le tende. Su questo vorrei chiarire che si sta assistendo ad un balletto delle cifre che nasconde una amara verità. Mi spiego. Queste cifre si riferiscono alle verifiche finora effettuate ed alle risultanze avute. Si sta ragionando in questi termini: se su un tot di case verificate, è risultata una agibilità pari al 53%, e mantenendo questo trend, allora le case inagibili saranno all’incirca 5.000 per 13 mila persone.
L’agibilità è stata dichiarata per le abitazioni dei paesi vicini a L’Aquila; i quartieri nelle immediate vicinanze del centro storico, a ridosso delle mura (Sant’Anza (il quartiere dove abito), Valle Pretara, Santa Barbara, Pettino, tutti molto popolosi, hanno le case inagibili.
Inoltre, bisogna considerare che il centro storico ancora non viene sottoposto ad alcun tipo di verifica perché, a tutt’oggi, è zona rossa.
Nel centro storico risiedono circa 12 mila cittadini, senza contare i domiciliati, soprattutto gli studenti fuori sede. Allora, a novembre dovrebbero avere la casa almeno 26.000 cittadini, facendo un calcolo al
ribasso perché, considerando anche gli abitanti dei quartieri distrutti, gli immobili da recuperare con interventi molti consistenti e, quindi, con tempi necessariamente lunghi, sicuramente le abitazioni necessarie dovrebbero essere sull’ordine delle 45 mila persone.
Questo è il futuro che ci aspetta e lo tengono nascosto! Ma il Presidente del Consiglio ha detto che, comunque, le tende sono già dotate di impianto di riscaldamento, e quel”già” mi ha molto inquietato.
Non possiamo accettare di restare nelle tende fino a novembre, e sicuramente fino a marzo del 2010!
Questo ragionamento lo stavo facendo alcuni giorni fa al campo: prima con alcune persone, poi si sono avvicinati altri ed eravamo diventati un bel gruppetto: dopo alcuni minuti dal formarsi dell’”assembramento non autorizzato”, sono arrivati i carabinieri, in servizio all’esterno del campo. Ho chiesto se ci fosse qualche problema. Mi hanno risposto che non c’era alcun problema, ma restavano anche loro ad ascoltare.
Conclusione: dopo alcuni minuti, tutti ce ne siamo ritornati nelle tende.Racconto questo episodio, e ne posso citare tanti altri (ad alcuni componenti di vari comitati cittadini, che stavano raccogliendo le firme per il contributo del 100% per la ricostruzione o ristrutturazione della casa, è stato vietato l’accesso nei campi), per denunciare quello che definisco la sospensione dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione: libertà di opinione, di parola, di movimento.
Ora, posso comprendere, anche se non giustificare, un tale comportamento nel primo mese, che secondo me rappresenta la vera fase di emergenza, ma far passare tale logica antidemocratica per 7 mesi, ed anche di più, somiglia più ad un colpo di Stato che ad una “protezione civile”. Adesso mi trovo per qualche giorno a Bologna, presso mia figlia Mara che sta ultimando un dottorato in Diritto del Lavoro (senza borsa, perché l’Alma Mater non aveva i fondi a sufficienza per finanziare tutte e quattro i posti messi a bando: Mara si è posizionata terza, paga una tassa di iscrizione al dottorato di circa 600 euro l’anno e un affitto di 500 euro mensili, più le spese); proprio questa mattina ho dovuto chiamare il responsabile del mio campo perché la famiglia che abita con me mi ha informato che si stavano effettuando i controlli per assegnare il nuovo tesserino di residente al campo (ne possiedo già uno). Mi ha preso una tale agitazione tanto da sentirmi male: questa procedura che si ripete spesso nei campi, l’esibizione del documento e l’autorizzazione di accesso per gli “esterni”che ti vengono a fare visita, e magari sono i tuoi fratelli, sorelle, madri e padri che hanno trovato sistemazione in altri campi o luoghi, il fatto che adesso, nonostante avessi preventivato di stare un po’ di tempo con mia figlia, debba rientrare per avere di nuovo il tesserino, dietro presentazione di un documento di riconoscimento, anche se sono già tre volte che i responsabili del campo hanno annotato il numero della mia carta di identità, mi scuote in maniera incredibile. Ma la Protezione Civile mi deve proteggere in maniera civile o mi deve trattare come se fossi in un campo di concentramento? Il responsabile del mio campo, quando gli hoparlato questa mattina, mi ha detto che non c’era alcun problema, che potevo tornare quando volevo, riconsegnare il vecchio tesserino e prendere il nuovo, e comunque dovevo comunicare l’allontanamento dal campo, la prossima volta che ciò sarebbe accaduto. Mi chiedo: perché devo comunicare i miei spostamenti? La tenda, adesso, è la mia casa ed ho timore che lo sarà per molto tempo, almeno fino a novembre. Quale è la norma che mi impone di comunicare i miei spostamenti? Se mi si risponde che si è in presenza di una situazione di emergenza, e che tale situazione durerà mesi e mesi, allora siamo veramente in presenza di un pauroso abbassamento del livello di democrazia!
Non sono “vaporosa”, non sono arrabbiata: sono esacerbata! Ritengo che la nostra città stia diventando non una città da ricostruire, ma una città “laboratorio”, in cui si vuole sperimentare il nuovo modello di società: privo di diritti, passivo, senza bisogni: quello che ti do è frutto della buona volontà dei volontari o dell’imperatore e lo prendi dicendo anche grazie! Mi rifiuto! E si rifiutano i cittadini aquilani! Sui nostri corpi, sulle nostre menti, sulle nostre coscienze, sulle nostre memorie nessuno ha il diritto di mettere le mani! Un’altra considerazione: le tende dell’emergenza sono tutte di otto posti, per poter accogliere, in tempi molto brevi dopo l’evento catastrofico, il maggior numero di persone. Di conseguenza, ci sono moltissime situazioni di promiscuità (la vivo io stessa, con un’altra famiglia che ha due bambini piccoli). Ritorno sempre alla considerazione di prima: una situazione di promiscuità può essere proposta ed accettata, a causa del disorientamento totale in cui ognuno si trova dopo un evento così terribile, per un mese, ma non per 7 o più mesi! In alcune tende sono insieme anche tre nuclei familiari! Mi chiedo: non si vogliono utilizzare i containers, ma allora il Presidente del Consiglio, che ha tante bellissime idee (sulle donne, sui giudici, sul Parlamento, sulla Costituzione) perché non pensa a far arrivare tende da quattro? O meglio, perché non riesce a garantire, da subito, una sistemazione dignitosa, senza costringermi ad andare sulla costa o in appartamenti situati nell’ambito della Regione Abruzzo, sicuramente non a L’Aquila, dove vi è la distruzione totale?
Proprio ieri, un gruppo di psicologi ha affermato che tale situazione di promiscuità sta distruggendo le famiglie perché, a parte le discussioni che ci sono, dalle cose più grandi a quelle più piccole (pensate che si sta litigando anche per i condizionatori, quelli che li hanno, perché alcuni li vogliono accesi, i “coinquilini” li vogliono spenti; chi vuole guardare la televisione e chi vuole riposare), la mancanza di intimità e di momenti privati determina nervosismo e sensazione di annullamento di ogni sentimento, senza considerare che nei campi non esiste nessun momento di intimità, né nei bagni, né nelle docce, né a pranzo né a cena.Non posso restare in silenzio ed accettare passivamente: voglio essere protagonista della mia vita e della ricostruzione della mia città, e non voglio sentirmi come una partecipante del Grande Fratello! Non abbiamo intenzione, noi Aquilani, di essere triturati dalla societàcdello spettacolo: alle menzogne mediatiche opporremo la nostra intelligenza, volontà e coraggio….e la nostra rabbia.L’Aquila è la mia, la nostra città e non è in vendita, per nessuno!Spero che questa mia lettera venga da voi presa in considerazione: sono forte, coraggiosa…come tutti voi e spero che possiate darmi voce.
Vi ringrazio, di cuore…anche se spezzato!
Ciao a tutti

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giovedì 11 giugno 2009

No alle modifiche al Decreto Abruzzo

Ricostruzione, mancano i soldi

No alle modifiche al Decreto Abruzzo, respinte anche quelle preannunciate dal Premier. Niente contributi per le seconde case e gli enti pubblici
di Roberto Raschiatore
L’AQUILA. Una ricostruzione con pochi soldi e parecchia delusione. Perché la protesta che dalle piazze dell’Aquila e Sulmona si è spostata in parlamento ha prodotto più promesse che concretezza. Gli emendamenti al Decreto Abruzzo sono stati bocciati dall’VIII commissione ambiente della Camera presieduta dal leghista Angelo Alessandri. Il Decreto resta quello approvato dal Senato. Per i correttivi chiesti - a cominciare dai rimborsi per ricostruire le seconde case - «mancano altre coperture finanziarie».

LE RICHIESTE. Sono quelle rinnovate ieri pomeriggio nel corso dell’audizione alla Camera. La commissione, dalle 15 alle 17, ha ascoltato il presidente della Regione, Gianni Chiodi, la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, i sindaci dell’Aquila, Massimo Cialente, di Sulmona, Fabio Federico, e di Villa Sant’Angelo, Pierluigi Biondi. Richieste per apportare modifiche al Decreto Abruzzo che lunedì e martedì prossimi sarà in Aula, prima per la discussione e poi per il via libera finale.

I 5 PUNTI. Erano cinque quelli “irrinunciabili” secondo gli amministratori locali. Il rimborso totale per la ricostruzione di tutte le abitazioni, comprese le seconde case nei centri storici. Una maggiore copertura finanziaria della Zona franca urbana (attualmente è di 45 milioni di euro, in quattro anni). Più fondi e norme specifiche per la ricostruzione del patrimonio artistico e culturale. Compensare i mancati introiti fiscali degli enti locali e garanzie per gli espropri dei terreni sui quali dovranno essere costruite le case antisismiche. Ai cinque punti “irrinunciabili” se ne sono aggiunti altri. A cominciare dall’ ampliamento del «cratere» a 14 comuni della Valle Peligna. Per proseguire con la proroga per pagare i debiti della sanità abruzzese e la revoca del commissario Gino Redigolo, lo spostamento delle farmacie del centro storico dell’Aquila, il blocco del pagamento delle bollette arretrate per gli sfollati.

TUTTE BOCCIATURE. Sono arrivate in serata, dopo l’a udizione degli amministratori abruzzesi. La commissione ambiente della Camera ha deciso di non apportare modifiche al Decreto Abruzzo approvato dal Senato il 21 maggio. Decreto che prevede, tra l’altro, benefici per cittadini e imprese nei 49 comuni del «cratere», contributi a fondo perduto del 100% per la prima casa dei residenti, contributi integrali per la ristrutturazione della prima casa, fondi per le micro-ristrutturazioni (massimo 10mila euro), finanziamento di 750 milioni per la costruzione delle casette antisismiche.

GLI IMPEGNI DEL PREMIER. Eppure Silvio Berlusconi, durante la sua tredicesima visita all’Aquila, aveva preso impegni precisi, dicendo sì al rimborso totale per ricostruire anche le seconde case dei centri storici e sì alle coperture finanziarie per gli enti pubblici.

E I BENEFICI FISCALI? Resta il punto di domanda anche sulla questione che ha gettato benzina sul fuoco nelle ultime ore, spingendo in piazza 1500 cittadini di Sulmona. Un’ordinanza firmata dal premier Berlusconi ha infatti revocato i benefici fiscali in provincia dell’Aquila. «Su questo punto», ha spiegato il sindaco Federico al ritorno da Roma, «abbiamo ricevuto impegni. Si sta pensando a una soluzione per ristabilire i benefici fino a novembre». Una conferma in tal senso è arrivata anche dal presidente Chiodi: «Stiamo lavorando, insieme a Bertolaso, affinché il ministero delle Finanze conceda una proroga fino al 30 novembre». Ma per ora restano le proteste.

DIGIUNO IN PARLAMENTO. Lo sciopero della fame è stato proclamato dal deputato Udc Pierluigi Mantini dopo i no della commissione ambiente. «A staffetta, mi seguiranno altri parlamentari e amministratori locali», ha annunciato Mantini, «il governo sta scherzando con il fuoco. Deve rispettare i patti con gli abruzzesi». Proteste arrivano anche dal parlamentare Giovanni Lolli (Pd). «Ci era stato chiesto di ridurre gli emendamenti e così abbiamo fatto», ha spiegato, «mi sono presentato in commissione con le fotocopie dei giornali che riportavano le promesse di Berlusconi. Mi è stato spiegato che gli emendamenti hanno un costo e che non c’è la copertura finanziaria. La difficoltà del governo è gigantesca. Nelle prossime ore incontreremo le categorie produttive e i sindaci per decidere che cosa fare».

«NO AI GIOCHETTI». Il capo della Protezione civile, che prima dell’audizione ha presentato una relazione di 39 pagine alla commissione ambiente, ha spiegato che eventuali correttivi possono essere apportati da specifiche ordinanze. «Il testo uscito dal Senato permette di fare tutte le attività promesse e previste», ha aggiunto. E sulle proteste: «Sono legittime, ma ognuno deve fare il proprio dovere ed essere molto rigoroso per evitare i giochetti del passato».

CIALENTE SI ARRABBIA. «La ricostruzione non si fa col Gratta e vinci, non servono caramelle e cioccolato come durante la guerra. Servono soldi», ha evidenziato il sindaco dell’Aquila. Che ha invitato la commissione ambiente a visitare il capoluogo d’A bruzzo per capire che cosa è accaduto il 6 aprile. «Se il decreto non cambierà ci arrabbieremo», ha concluso.

(11 giugno 2009)
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lunedì 8 giugno 2009

Scossa del7 giugno

Data:                     07 giu 2009  
Ora locale:               21.21.34.02     
Latitudine:               42.3350°N        
Longitudine:              13.4677°E      
Profondità:               10,4    
Magnitudo:                3.6     
Epicentro:                Abruzzo; Bazzano - Paganica (AQ)

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fonte: http://www.iesn.org/

sabato 6 giugno 2009

Piccoli vulcani in Valle Peligna



Valle Peligna, i piccoli vulcani del sisma
dopo la grande scossa sorti strani crateri

di Roberto Raschiatore
30 aprile 2009
Comparsi negli orti dopo la scossa del 6: ribollivano acqua e fango con la terra liquefatta è fuoriuscita dalle crepe. Il fenomeno legato al sisma, che a memoria d'uomo nessuno ricorda di avere mai visto in Abruzzo, sta facendo discutere. Il geologo: «Evitare allarmismi» 
 VITTORITO. Gli esperti li chiamano vulcanetti, ma non hanno niente a che fare con lava e lapilli. Quattro, cinque piccoli crateri si sono aperti negli orti della Valle Peligna, a Vittorito, dopo il violento terremoto del 6 aprile. La terra liquefatta è fuoriuscita dalle crepe. Il fenomeno legato al sisma, che a memoria d'uomo nessuno ricorda di avere mai visto, sta facendo discutere anche i geologi. Tanto che la Regione ha inviato in zona i propri studiosi.

 TERRA POLVERIZZATA. Dei vulcanetti, a più di tre settimane dal violento evento sismico, restano soltanto delle tracce nelle campagne di Vittorito. Terra quasi polverizzata, di un colore decisamente più chiaro rispetto a quella circostante.

 ESPLOSIONI E BOLLE. Ma gli agricoltori del posto raccontano di strane esplosioni di bolle dal terreno. Fango liquefatto che fuoriusciva dai crateri di queste montagnole. Tutto è accaduto tra lunedì 6 e martedì 7, dopo il terremoto che ha colpito l'Aquilano ed è stato nettamente avvertito anche in Valle Peligna.

 IL TESTIMONE. «Avete presente quando si forma un formicaio? Il terreno era rialzato e c'era una strana fanghiglia che usciva dal foro. Sembrava proprio un piccolo vulcano», racconta Mario Rinvenuto, agricoltore. Sul suo terreno si è aperta una delle spaccature. «Prima non era mai avvenuta una cosa del genere», prosegue Rinvenuto, «il fango ribolliva: chissà se questa polvere rimasta è nociva?».

 ECCO LA ZONA. I quattro, cinque vulcanetti sono comparsi in località Le Pietre di Vittorito, a circa 150 metri dal fiume Aterno (sulla sponda verso Corfinio). Nella zona si trovano numerosi orti. Proprio un contadino ha avvisato dell'accaduto il sindaco di Vittorito Carmine Giovannitti.

 I SOPRALLUOGHI. Uno è stato compiuto anche dal tecnico del Comune Luigi Golini. «C'erano fessure nel suolo lunghe un metro», afferma Golini, «fuoriusciva acqua mista a terra. Ma non c'è niente di cui preoccuparsi». Nessun timore, come ribadiscono anche i geologi. Però lo strano fenomeno continua a fare discutere e a suscitare curiosità. I vulcanetti sono stati monitorati anche dalla Regione. Probabilmente del caso verrà informato l'Istituto nazione di geofisica e vulcanologia che in questi giorni continua a tenere sotto controllo le faglie dell'Aquilano.

 GLI ALTRI FENOMENI. Quello che si è verificato in Valle Peligna segue i fenomeni registrati sulle sponde del lago Sinizzo a San Demetrio ne' Vestini, dove la terra si è spaccata, e sul monte Velino, dove si sono formate crepe a 2200 metri d'altezza.

 LA SPIEGAZIONE. «Un fenomeno di questo genere non era mai accaduto in prossimità del fiume Aterno», interviene Paolo Di Giulio, geologo che per primo ha esaminato i vulcanetti della Valle Peligna, «ma si tratta di un fatto naturalissimo che avviene quando c'è un evento sismico di una certa entità. Non bisogna preoccuparsi e non bisogna pensare che il materiale fuoriuscito possa essere nocivo». Di Giulio dà una spiegazione sull'accaduto: «Lo strato di sabbia dell'alveo di un fiume», precisa, «subisce un processo di liquefazione a causa del terremoto, che deve essere molto violento. Le onde sismiche separano i granuli di sabbia: lo strato deve essere saturo e in falda aumenta la pressione interstiziale. Si possono formare avvallamenti del terreno o, come nel caso di Vittorito, i cosiddetti vulcanetti. In quest'ultimo caso il fenomeno si esaurisce in breve tempo. Ripeto, non debbono esserci allarmi. Sarebbe preoccupante solo se su un terreno del genere venisse realizzata un'abitazione».

 «STATE TRANQUILLI». Il sindaco Giovannitti vuole tranquillizzare la popolazione. «Dopo la segnalazione sono stato personalmente a visionare il fenomeno nelle campagne di Vittorito», afferma, «da buon pescatore ho riconosciuto nel terriccio ciò che appartiene all'alveo fluviale. Non si sono sprigionati gas. Non dimentichiamo che la scossa ha mosso il territorio abruzzese di svariati centimetri e quindi può avere causato anche fenomeni atipici. L'episodio non va esasperato, ma sicuramente per tranquillizzare gli animi occorre una supervisione degli esperti. Purtroppo in questi giorni c'è stata parecchia emotività e qualcuno ha parlato dei vulcanetti anche in maniera impropria».

30 Aprile 2009 

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giovedì 4 giugno 2009

Federalismo all'italiana

Terremoto, primi appalti: Abruzzesi già fuori gara

Imprese del Nord si aggiudicano le 150 piattaforme antisismiche da 28 milioni di euro
L'AQUILA. Ore 15 di venerdì scorso: un commissario della Protezione Civile apre all'Aquila le buste del primo appalto della ricostruzione. In ballo ci sono 15 milioni di euro. L'offerta economica più vantaggiosa è di un'impresa abruzzese, ma vince una ditta del Nord. Il giorno dopo, sabato, viene assegnato il secondo appalto da 13 milioni.  L'offerta economica migliore per lo Stato è abruzzese. Ma per la seconda volta, in appena 24 ore, vince ancora un'impresa del Nord. Gli abruzzesi sono fuori gara.

CHI HA VINTO. Gli appalti delle piattaforme antisismiche, quelle speciali basi di cemento armato, pilastri d'acciaio e solai basculanti, capaci di neutralizzare le frustate ondulatorie e sussultorie del terremoto, vanno alla Gruppo Bison in associazione temporanea d'impresa con la Gdm costruzioni di Milano e alla Zoppoli e Pulcher spa del Nord Est. Hanno 80 giorni di tempo per realizzare 150 piattaforme, ciascuna lunga 50 metri, larga 21 e alta 50 centimetri sui venti siti della ricostruzione. Piattaforme su cui è possibile poggiare case di legno, moduli o abitazioni vere.

Ma la Bison-Gdm, nell'offerta tecnica, ha dichiarato che riuscirà a costruire le prime 65 basi in settanta giorni. E le sono bastate questi dieci giorni in meno per aggiudicarsi la gara, nonostante un ribasso dell'11,6 per cento contro il 21 dell'unica abruzzese in corsa, la Imar, oppure il 19 della Saicam. La Protezione Civile, quindi, ha preferito spendere circa due milioni di euro in più, applicando semplicemente il criterio di un punteggio più basso per l'offerta economica e doppio per l'offerta tecnica sui tempi di realizzazione. Ma l'impresa milanese dovrà portare in Abruzzo 400 operai propri, per i quali sarà necessario realizzare alloggi di cantiere, serviti di acqua e di luce.

Occorrerà quindi più tempo e per di più non ci sarà spazio per gli operai abruzzesi che la mattina sarebbero venuti all'Aquila in auto senza che ci fosse la neccessità di occupare altri spazi per baracche di cantiere
Abbiamo contattato gli uffici della Imar Costruzioni. «No comment» è stata la risposta. Dalla base operativa della Protezione Civile di Coppito, però, esce un documento che sintetizza le due gare, da 15 e 13,6 milioni di euro, vinte da imprese del Nord.

NESSUNA PUBBLICITA'. Passati sotto traccia. Se non avessimo avuto il documento dei due appalti, nessuno avrebbe saputo nulla, perché nessuno ha pubblicizzato l'esito. Alla prima gara hanno partecipato in sei, l'ha vinta la Bison-Gdm con 81 punti (26 per il ribasso e 55 per la relazione tecnica), seconda la Zoppoli e Pulcher spa (punti 26 e 47), terza la Saicam (29 e 39), poi l'abruzzese Imar (30 e 36), quindi la Cogeis spa-Ivies spa (25 e 33) e infine la Domus dei fratelli Gizzi in Ati con Icor e Zeppieri (24 e 30).

L'ALTRO LOTTO. Alla seconda gara, per i restanti 59 moduli, hanno preso parte solo in quattro, per l'esclusione della Bison-Gdm, perché già risultata vincitrice del primo lotto denominato «1G» e il ritiro della Domus-Icor-Zeppieri.

Come è finita? Ha vinto la Zoppoli e Pulcher (con un ribasso di soli 9,8%) che ha «soffiato» l'appalto ancora all'abruzzese Imar (ribasso alto del 28%) per un solo punto: 66 a 65.

Ma c'è una curiosità: la Imar ha presentato due relazioni tecniche per i due lotti. La prima è stata valutata 36 punti, la seconda 35. Ma sarebbero relazioni identiche 
(04 giugno 2009)

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OFF - Berluscones - TOPIC

Questo il commento del "mio" tabaccaio alla notizia di Berlusconi indagato per abuso d'ufficio in relazione all'uso improprio dei voli di Stato:
"Ch'è, ora un Presidente non può fare neanche quello che vuole?"
E non era una battuta!
E non è neanche una voce isolata!
Che vuol dire, secondo me, che tanti italiani invocano a gran voce la dittatura.

Mister B.: meno voli e più case, prego!

Con papi si vola

di Gianluca Di Feo


Magari fosse solo Apicella. Magari fosse solo il menestrello di corte ad accomodarsi sui jet presidenziali per volare verso la reggia di villa Certosa. Ormai le scalette per salire sugli aerei di Stato sono diventate larghissime: a bordo può salire chiunque, ministri e sottosegretari, assistenti e portavoce, parenti e amiche. Clemente Mastella ha fatto scuola: il suo viaggio al Gran Premio con figlio e conoscenti è diventato un modello. E così Silvio Berlusconi nello scorso agosto ha cancellato l'austerity aeronautica introdotta dal governo Prodi dopo lo scandalo dell'Airbus di Monza più affollato della metro nell'ora di punta. I risultati si sono visti subito. I decolli dei velivoli del 31mo stormo, che da Roma Ciampino garantisce il trasporto delle autorità, sono aumentati a velocità supersonica: raddoppiati o addirittura triplicati. Il confronto tra lo stesso periodo dell'anno è eloquente.

I dati ottenuti da 'L'espresso' mostrano che a gennaio 2008 c'erano state 153 ore di volo per accompagnare in giro ministri e presidenti, un anno dopo erano diventate 370. A febbraio si passa da 176 a 468; a marzo da 183 a 510; ad aprile da 124 a 471. In questo mese di maggio appena concluso, denso di impegni elettorali sparsi per la penisola, ci sono state centinaia di missioni vip con Airbus e Falcon impegnati fino ai limiti tecnici. Al ministero della Difesa è scattato l'allarme rosso: se si dovesse continuare con questo ritmo, a fine 2009 gli Stakanov del jet presidenziale potrebbero arrivare a bruciare oltre 5600 ore a spasso tra le nuvole. 

Più di 15 ore al giorno
, un primato che potrebbe battere i consumi mostruosi del 2005 quando l'overdose di aerei blu spinse Gianni Letta a rimproverare tutto il governo. Parole volate via nel vento.

Oggi ministri e sottosegretari sgomitano per spaparanzarsi sulle poltrone in pelle di FalconAirbus dagli arredi extralusso. La flotta del 31mo stormo non basta più: i 10 jet, nonostante offrano 216 comodissimi posti, non riescono a soddisfare le brame aviatorie del governo Berlusconi. Ed ecco che tornano in pista le Ferrari dei cieli, i Piaggio 180 di Pratica di Mare, bimotori executive che dovrebbero servire per collegare le basi dell'Aeronautica. Prodi ne aveva vietato l'uso per i voli di Stato: nei primi mesi del 2008 mai un decollo. Ma il salottino volante fa gola a tanti politici di seconda fila, che in soli quattro mesi quest'anno si sono accaparrati 240 ore di volo a sbafo.

E poi c'è la fantomatica Cai, non la compagine che ha rilevato Alitalia ma la leggendaria squadriglia dei servizi segreti. Che con il pretesto della sicurezza svolge il 90 per cento dell'attività come taxi per ministro. Anche lì Prodi e il suo sottosegretario Enrico Micheli erano stati drastici: 'Basta gite di governo'. E per concretizzare l'ordine si era deciso di mettere in vendita due dei cinque Falcon della Cai. 

Adesso invece di ridurre la flotta non si parla più, perché l'hangar degli 007 pullula di auto blu che trasbordano politici e accompagnatori al riparo da sguardi curiosi. Si stima che dall'insediamento del Cavaliere la Cai abbia già regalato 1800 ore di volo al governo, un altro record a carico dei contribuenti. Il bilancio finale dei costi è altissimo.
Solo per i dieci jet del 31mo stormo il 2008 ha significato una spesa di quasi 40 milioni di euro, su cui ha pesato il consumo di carburante a prezzi stratosferici nel semestre berlusconiano: con i vincoli prodiani si contava di pagarne circa la metà. È come se in 180 giorni fossero stati bruciati 25-30 milioni di euro: in alcune giornate fino a 160 mila euro buttati via per i velocissimi taxi dei politici vincenti. E se si aggiungono gli esborsi top secret per i passaggi a bordo degli 007 con le ali della Cai e delle Ferrari dei cieli si rischia di arrivare a una bolletta annuale salatissima: un conto da oltre 60 milioni di euro. Alla faccia della crisi e dei sacrifici per gli italiani. Sono lontani i tempi in cui l'austerity prodiana aveva fatto ipotizzare un taglio netto anche al 31mo stormo: via un quinto dello schieramento, mettendo all'asta un paio di Falcon e forse un Airbus. Un'illusione scomparsa dagli schermi radar.

'Di riduzione della linea di volo proprio non se ne parla, l'attività per il trasporto di Stato è intensa', ha dichiarato il generale Daniele Tei, comandante in capo dell'Aeronautica alla rivista specializzata Rid. E ha poi esternato il malumore dell'Arma azzurra: 'Tra l'altro siamo sempre a credito per le attività che conduciamo e che le altre amministrazioni ci rimborsano con enorme ritardo (e non sempre)'. Infatti la forza armata deve anticipare i fondi per i voli extra tagliando altre attività: nel 2005 per pagare le missioni dei politici rinunciò alla più importante esercitazione internazionale. Nel solo 2008 lo sforamento berlusconiano ha comportato quasi venti milioni di sacrifici: meno addestramento, meno manutenzione. E mentre la crisi impone di azzerare l'attività di intere squadriglie, i piloti degli aerei blu non si fermano mai: 'Nel 2008 hanno volato l'11 per cento delle ore dell'intera forza armata', sottolinea il generale Tei. Pensate: l'Aeronautica ha quasi 400 velivoli, ma da soli i dieci jet presidenziali hanno macinato il record di decolli, mentre gli equipaggi dei caccia restano a terra con i serbatoi vuoti. Ovviamente il frequent flyer numero uno è Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ama le comodità dell'Airbus 319 CJ da 50 posti: la sala riunioni, i lettini, gli schermi al plasma. Quando nel 2006 lasciò Palazzo Chigi, corse a comprarne uno tutto per sé. Appena tornato al potere, lo ha rivenduto: adesso può usare a piacimento l'ammiraglia di Stato. Le rotte favorite? Quelle per Olbia e Linate, a cui nell'ultimo anno si è aggiunta Napoli tra summit per i rifiuti e feste di compleanno. Segue Ignazio La Russa, che viene segnalato spesso con significative presenze femminili imbarcate al seguito. Il ministro della Difesa è maestro nelle trasferte che abbinano impegni ufficiali e comizi di partito. Il 24 maggio è atterrato a Grosseto per una breve visita alla base militare e successivo incontro di sostegno al candidato Pdl alla Provincia, per replicare l'accoppiata poche ore più tardi a Pisa.

Ma la passione ha contagiato tutto l'esecutivo. Un uso reso lecito dalle regole berlusconiane, che spesso ha
il sapore dello spreco. Il ministro Stefania Prestigiacomo è finita fuori pista al rientro da un vertice ambientale a Varsavia, città ben collegata a Roma: un volo di linea avrebbe fatto risparmiare oltre 25 mila euro alla collettività. Maria Vittoria Brambilla a settembre era stata sorpresa su un Falcon di Stato tra Roma e Milano. La replica: 'Non c'era altro modo per raggiungere il forum europeo del turismo'. Raffaele Fitto spesso torna in Puglia con il jet blu mentre i leghisti non disdegnano un passaggio 'per questioni di sicurezza' sulla squadriglia degli 007. Grande consumatore di aerei di Stato è il presidente del Senato Renato Schifani, che lo usa per tornare a Palermo nel weekend: un privilegio riconosciuto al suo rango istituzionale. La scorsa settimana un Airbus lo ha portato a Mosca per una visita ufficiale, lo ha scaricato ed è tornato a Ciampino. Dopo 48 ore il jet è tornato in Russia per riportare a casa il presidente Schifani ma un'avaria lo ha costretto ad un atterraggio d'emergenza. Secondo le agenzie, l'Airbus di Stato era decollato alle 16.30: gli orari indicano un aereo Alitalia per Roma in partenza solo 60 minuti dopo. La missione del grande bireattore è costata quasi 100 mila euro, con Alitalia Schifani e il suo seguito ne avrebbero spesi circa 5 mila: in un momento di crisi, non sarebbe meglio attendere un'ora e risparmiare? In fondo Alitalia è stata soccorsa con denaro pubblico proprio perché compagnia di bandiera, peccato che ai nostri ministri piacciano più i Falcon: niente check in, niente code, si sale e si vola via. Nel blu dipinto di blu.
(03 giugno 2009)
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mercoledì 3 giugno 2009

Eppure c'è qualcuno che risponde alle bugie di Berlusconi!

Pochi giorni fa Berlusconi ha detto che nella regione ci sono ancora sfollati dal 1997
Il governatore Spacca: "A meno di un mese c'erano già i prefabbricati in muratura"

Sisma, le Marche rispondono al premier
"Ma quali baraccopoli, siamo un modello"

Inviato a Palazzo Chigi un volume che raccoglie le immagini del "prima e dopo"
"Basta promuovere competizioni su chi sia il più bravo nelle disgrazie"


Sisma, le Marche rispondono al premier "Ma quali baraccopoli, siamo un modello"Grassetto

La copertina del volume
che raccoglie le foto
della ricostruzione

ROMA - "Caro presidente, noi marchigiani non amiamo sbandierare ciò che facciamo. Il rispetto per le tante persone che stanno vivendo con compostezza questa drammatica situazione mi ha spinto finora a evitare qualsiasi forma di polemica. Ma dato il ripetersi di pronunciamenti che riferiscono circostanze e valutazioni assolutamente non vere, sono costretto a intervenire, nella speranza che si possa ristabilire la verità e soprattutto contribuire a individuare soluzioni rapide ed efficaci per consentire anche alla popolazione dell'Abruzzo di recuperare una dignitosa condizione di vita". 

Non sono piaciute, al presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, le parole di Silvio Berlusconi sulla ricostruzione nelle Marche dopo il terremoto del 1997. Il 30 maggio, il presidente del Consiglio ha annunciato di nuovo la consegna, entro il 15 settembre, delle case per tremila sfollati dell'Abruzzo e ha aggiunto:
"Pensate che ancora adesso in Umbria e nelle Marche ci sono baraccopoli per i terremoti di molti anni fa". Invece nelle Marche, a Natale 1997, tre mesi dopo la prima scossa, le tendopoli erano già sparite. Le persone erano ospitate in prefabbricati, moduli abitativi, sistemazioni autonome, con il contributo pubblico. Poi sono arrivate le casette di legno, con le risorse dell'edilizia residenziale pubblica. Dopo 5 anni, il 70% delle abitazioni principali era stato ristrutturato. Per il rimanente 30% i lavori erano in corso. 

Per questo, Spacca oggi ha inviato una lettera a Berlusconi: per "ricordarLe che dopo meno di un mese dalla scossa iniziale del 26 settembre 1997 - si legge - un primo gruppo di famiglie con la casa non agibile veniva alloggiato in prefabbricati realizzati in muratura e quindi del tutto simili alle normali abitazioni". Insieme alla lettera, è partita stamattina, alla volta di Palazzo Chigi, la monografia Regione Marche 1997-2007. Dieci anni spesi bene. Il coraggio di ricominciare, realizzata per i tipi della Electa-Mondadori, pubblicata in occasione del decennale del sisma e consegnata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. 

Non è un caso, sottolinea, Spacca, "che il Dipartimento della Protezione civile abbia da subito assegnato un ruolo fondamentale di coordinamento alla Protezione civile marchigiana, presente all'Aquila poche ore dopo la prima scossa. Chiedere a Bertolaso per credere". 

Quanto al 1997, "altrettanto tempestativamente - si legge nella lettera inviata a Berlusconi - mentre si provvedeva alla decorosa sistemazione di tutti i terremotati, venivano rimosse le macerie, effettuati i puntellamenti e posizionati teloni sui tetti danneggiati per evitare che la pioggia aggravasse i danni". "Non ci piace - scrive Spacca - che si promuovano competizioni su chi sia il più bravo nelle disgrazie. E' irriverente nei confronti delle persone decedute e di tutti quelli che saranno costretti a vivere ancora, per molti mesi, nelle tendopoli". 
(3 giugno 2009)
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